
LA VERA VITA DEL CAVALIERE MASCHERATO
In un tristo albergo della periferia berlinese, il cameriere Jacob Geherda conduce un’esistenza miserabile, con una paga vergognosa, costretto a subire quotidiane umiliazioni dai superiori e dalla clientela. Gli rimane di sognare, e tra fuochi d’artificio, bottiglie stappate, acclamazioni, si trasforma nel Cavaliere Mascherato, eroe difensore dei maltrattati. Una sera arrivano all' albergo quattro avventori del circolo nautico, capitanati dal bel tenebroso Egon Maschner, futuro artefice di violenza carnale ai danni di Sylvia, collega di Geherda (della quale lui, ovviamente, è segretamente innamorato) e fidanzata del mite Joppe. Il signor Franz, capo cameriere dell' hotel, cercherà velatamente di occultare l’accaduto in nome del decoro, seppur nella fatiscenza, della sua “azienda alberghiera”.
Inizia così la lotta di Geherda con se stesso, che dopo aver assistito alla violenza, vorrebbe avvertire Joppe, chiamarlo e raccontargli tutto. D’altronde Sylvia non può farlo, o almeno non del tutto, perché ha inizialmente ceduto alla corte di Maschner, violando il regolamento e gli obblighi matrimoniali. Ma in Geherda, vigliacco e opportunista, la paura di un licenziamento, o ancor di più, di una rappresaglia da parte del misterioso (e ricco, e aitante) avventore lo freneranno. Tutto sfoga nel sogno dell’eroismo del Cavaliere Mascherato, che sfida il fellone dando luogo ad una serie di rocamboleschi duelli, dalle spade, al poker, a un “colloquio d’affari”, tra commedia dell’arte, clownerie e baracconate, in netta contrapposizione con il tetro ed emaciato ambiente dell’hotel. E alla fine sapremo se Jacob riuscirà a mutare la sua coscienza e compiere il suo dovere di onesto galantuomo.
SUL PROGETTO
La trasformazione è un elemento spesso presente nell’opera brechtiana, da Nella giungla delle città, opera di un Brecht ancora un po’ immaturo, in cui il bibliotecario Garga subisce la metamorfosi indotta dalle avversità della vita e dallo scontro col “gangster” suo rivale, come una sorta di iniziazione del giovane indio alla giungla metropolitana. O anche in Santa Giovanna dei Macelli, o la schizofrenia del Signor Puntila. L’uomo che non aiuta l’uomo, poi. Punto fermo della morale brechtiana. Mettiamoci la morale anticapitalista sempre reiterata, e il lagnarsi delle vittime stesse del capitalismo, incapaci di ribellarsi se non “idealmente”. Così come Geherda, troppo vigliacco e basso in grado per prendere parola, nel delirio della sua mutazione in “Cavaliere” sogna il riscatto morale, la difesa degli oppressi, l’ultimo volo per Tahiti. Così abbiamo provato a stravolgere e, perché no, “potenziare” un’opera quasi mai rappresentata, incompleta e semisconosciuta di Brecht (“La vita reale di Jacob Geherda”), con passi di altre opere, poesie e aforismi dello stesso autore, tra i quali esiste un filo conduttore tangibile. “La vita reale di Jacob Geherda” pareva un veicolo perfetto per quest' assemblaggio, arricchito da passaggi inseriti dalla compagnia per legare meglio possibile la narrazione. Sembra che questi “nuovi” personaggi abbiano un’anima arricchita dalle voci di altri, e rimangano coerenti al messaggio che deve passare. Le fonti di ispirazione per il personaggio del Cavaliere sono diverse, dal Capitano di commedia ai moderni supereroi.

NOTE DELL' IDEATORE SUL TESTO ORIGINALE

Testo raro e "inedito" della produzione brechtiana, La vita reale di Jakob Geherda racconta la storia semplice del secondo cameriere di un tristo albergo di provincia alle prese con la propria coscienza di uomo del Novecento. Jakob Geherda guarda le miserie del mondo e sogna di mutarlo con una rabbia che pare incontrollabile ma finendo sempre per esser vinto dalla colpevole debolezza di chi in fondo si accontenta dello stato delle (proprie) cose e "fa spallucce". Un testo indeciso tra il vaudeville, la sceneggiata napoletana e il dramma romantico d'amore e d'avventure, sospeso tra realtà e sogno, in disequilibrio ideologico tra il dovere di dire la verità sempre e il proprio tornaconto esteriore.Guardando sotto i panni da cameriere di Jakob Geherda, sotto la sua miserabile vita reale, si vede quello che resta quando anche l'ultimo sogno testardo sfuma alla luce cruda della ragione degli altri. Se il sogno in questo mondo è ancora un errore, quando anche l'ultimo errore sarà consumato, siederà davanti a noi come compagno il nulla. Sognare, allora come oggi, vuol dire sottrarsi alla lotta reale per la giustizia, per la verità, per la bellezza interiore. E chi non partecipa alla battaglia, si sa, parteciperà alla disfatta. Ma questo è solo il senso apparente di questo pezzo, la voce della sua contrarietà, della sua rivolta di fronte alla miseria morale e materiale della realtà sociale. Per noi questo atto, dimenticato forse dal suo stesso autore, contiene un messaggio netto che riguarda la nostra attitudine ed eccita la nostra volontà: pensare il teatro oltre le sue forme, come atto di testimonianza giurata, organica e vissuta. Parola fisica ancora in grado di cambiare il mondo, fosse anche quello privato di un solo spettatore. Infatti i nostri sogni, così diversi da quelli di Geherda, hanno però a che fare con la stessa realtà. Vorremmo anche noi sottrarci alla presa mortale del finto mercato, fuggire verso il nostro pubblico, tornare avendo riconosciuto le cose nascoste e quelle dimenticate, avere un nostro sipario, vendicare i fantasmi, le malinconiche e sorridenti presenze di un teatro che non c'è più, o di un teatro che non c'è ancora, se non nella memoria tenace, se non nella nostalgia del futuro. Vogliamo così imparare ancora, anche da Geherda, a non vivere sognando nella supina routine di un mestiere degradato, cercando a testa bassa un po’ di gaudio nel male comune; ma lavorare per una nuova eccellenza, un cavalierato di strada, costruito nella coerenza, incarnato, orale, resistendo all'inanità della vita materiale, cerandovi altre vie per un mondo perfettibile, un mondo dove a tutti tocchi, almeno una volta, una razione di felicità.
Giancarlo Sammartano
GALLERIA FOTOGRAFICA
foto di Chiara Anselmi | Fabrizio Caperchi | Valeria Palma | Marco Usai












LA VERA VITA DEL CAVALIERE MASCHERATO
scritto e diretto da Alessandro De Feo
tratto da "La vita reale di Jacob Geherda" e altre opere di Bertolt Brecht
spettacolo semifinalista al Roma Fringe Festival 2015
nomination miglior regia, miglior attore
spettacolo finalista al premio Attilio Corsini 2016 presso teatro Vittoria, Roma
con
Tiziano Caputo | Matteo Cirillo | Lorenzo Garufo | Alessia Iacopetta | Francesco Maruccia |
Fabrizio Milano | Gioele Rotini | Ilenia Sbarufatti
scene
Valentina Cristofari, Eleonora Ugolini
luci
Francesco Bàrbera, Ivano Salamida